Non vi sono parole sufficienti per descrivere le qualità del prof. Francesco Castellano, Ciccio, come amava essere chiamato, vero pioniere della neurochirurgia moderna ed iniziatore della scuola neurochirurgica campana che ha dato alla luce numerosi importanti professionisti di valore nazionale ed internazionale. Sportivo, dinamico, brillante, carismatico, rappresenta ancora oggi anche per chi non lo ha conosciuto un esempio da imitare per la passione, la dedizione e l’abilità che contraddistinse ogni sua attività. Ricordiamo la sua figura attraverso il racconto fatto da Vincenzo Scozzafave in un articolo pubblicato sul sito della Free Lance International Press nel Gennaio 2006 ”Il pioniere della neurochirurgia moderna: Francesco Castellano. La medicina a Napoli ha un passato glorioso. Conservarne viva la memoria ritengo sia importante per superare le difficoltà del presente ed è anche ben augurante per il futuro. Molti sono i protagonisti di questo periodo prestigioso che vide la città alla ribalta nazionale per meriti scientifici. Con questo mio scritto desidero proporne all’attenzione dei lettori uno che fu grandissimo: Francesco Castellano, il pioniere della moderna neurochirurgia in Italia. Ritenendo i metodi praticati ormai desueti, per completare la sua preparazione professionale volle recarsi all’estero, precisamente a Stoccolma, presso la clinica di neurochirurgia diretta da Herbert Olivecrona, la più prestigiosa dell’epoca. Rimase nove anni in quest’istituto ove raggiunse l’incarico d’aiuto, traguardo considerato allora irraggiungibile in quel contesto per un italiano. Era uno dei pochi stranieri abilitati ad operare autonomamente. Tornato in Italia nel 1954 inizio la propria carriera neurochirurgia a Napoli presso la clinica Mediterranea. Dopo solo due anni ebbe, per chiamata, l’incarico dagli Ospedali Riuniti di Napoli di organizzare il primo reparto ospedaliero di neurochirurgia. Già da allora sognava un moderno dipartimento ove potessero concentrarsi assieme alla neurochirurgia tutte le specialità di confine o di complemento. Sognava un unico posto di lavoro ove concentrare tutta l’attività lavorativa, istituzionale, ambulatoriale e chirurgica libero-professionale che allora non esisteva ancora. Non poté mai realizzare un reparto per il decorso post operatorio opportunamente attrezzato. Si adoperava per avere un ospedale migliore, dignitoso nell’aspetto alberghiero, ordinato ed organizzato all’interno secondo il modello svedese, arricchito dalla grande umanità partenopea. Essendosi egli formato nella grande scuola di Olivecrona godeva di un prestigio indiscusso che gli consentì di creare a sua volta una scuola di neurochirurgia nel meridione d’Italia. Le sue pubblicazioni scientifiche a quel tempo originali e fondamentali per la neurologia, le conferenze o relazioni a congressi tenuti in tutto il mondo sono certamente note agli esperti del settore. Chi gli visse vicino e collaborò con lui per molti anni preferisce mettere in rilievo gli aspetti umani della sua personalità. Aveva una grande capacità di sentire l’umana sofferenza. Nel 1969 utilizzò le sue vacanze non godute per tre anni per recarsi nello Yemen ove, attraverso la Croce Rossa Italiana, mise la sua professionalità a disposizione di quelle popolazioni. Aveva un vero culto per la verità alla quale si atteneva sempre anche a proprio rischio o svantaggio. Non esitava mai ad ammettere errori o inadempienze sue o dei suoi collaboratori. Rifuggiva dai compromessi, non aveva strategie nei rapporti con gli altri. Era un appassionato sportivo. Fu nazionale nello sci di fondo e rocciatore. Trasferiva questa sua sportività anche nella pratica professionale. Sono rimaste memorabili le sue maratone neurochirurgiche che duravano anche più di dodici ore. Amava intensamente la vita nei suoi multiformi aspetti, coltivò anche l’amore per la bellezza femminile. Per tutti questi motivi i suoi allievi e tutti quelli che lo conobbero hanno fatto di Francesco Castellano un mito. La morte lo colse improvvisamente in camera operatoria mentre si accingeva ad operare un paziente. Questa morte sul campo ebbe un impatto emotivo enorme. Scompariva un uomo prestigioso per meriti umani e professionali, un protagonista di un’epoca storica irripetibile per la medicina”.
25 ago 2013